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 Turismo. Sulle tracce della pantera
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angelo corvino
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103 Posts
Posted - 27/02/2007 :  09:49:21  Visualizza profilo  Rispondi con commento
Carissimi amici,
spesso dalle nostre parti, ma anche in Italia più in generale, si sente parlare di "Turismo". Intere classi politiche nei programmi elettorali dedicano lunghe pagine a questa voce, indicandola come il toccasano, l'unguento miracoloso che può guarire tutti i mali delle nostre micro economie. E giù, progetti finanziati dall'Unione Europea e dallo Stato italiano, tutti sotto la stessa medesima voce: "TURISMO". PIT, finanziamenti ad Agriturismo, Bed&Breakfast ed affittacamere tutto per creare le infrastrutture e gli operatori in questo favoloso settore che però, spesso non si trova, non si capisce dove sia e quali siano i risultati che tante strategie abbiano prodotto. Vorrei porre la vostra attenzione su una serie di punti che mi sono venuti in mente durante i 4 giorni della BIT a Milano. Vi riporto, per comodità, l'ultima mia corrispondenza.

Milano – Fieramilano si trova nel comune di Rho, a confine con quello di Pero, nel quadrante nord-ovest dell’area metropolitana di Milano, praticamente all’innesto della dalla Tangenziale Ovest con l’autostrada A4. Il complesso è servito dalla linea rossa della Metropolitana milanese della quale è stata realizzata appositamente una biforcazione della linea che va a Bisceglie che ha il capolinea letteralmente dentro la Fiera. In poco più di mezz’ora da lì si raggiunge qualsiasi punto dell’hinterland e tutti i punti nodali dei trasporti, grazie ad una fittissima rete di mezzi pubblici che va dalla metropolitana alle ferrovie, dagli autobus ai tram, dagli elicotteri agli aerei. Un sistema integrato che rende facili e veloci gli spostamenti e fa dell’area, di oltre 400.000 metri quadrati, la più attrezzata ed all’avanguardia nel mondo per il settore fieristico. Qui per 4 giorni, i primi due dedicati agli operatori di settore e gli altri anche al pubblico privato, si sono incontrate la domanda e l’offerta turistica di tutto il mondo e sono state definite le linee di tendenza del turismo per il prossimo anno. Tour operator, ristoratori, albergatori, trasportatori, operatori di settore ed enti pubblici si sono messi in mostra per trovare le necessarie sinergie per “muovere” e far viaggiare centinaia di milioni di turisti. Nel padiglione 7, vicinissimo al centro servizi che è il “cervello” dell’intera struttura dove è situata la sala stampa, c’era lo stand della Regione Campania, allestito dall’EPT di Napoli curatrice dell’immagine generale (tranne quella della provincia di Salerno), che ospitava gli spazi espositivi di tutti gli enti regionali. In questo contesto lo stand dedicato agli enti della provincia di Avellino si può definire con un solo termine: vuoto. Vuoto nei giorni riservati agli operatori, vuoto nei giorni in cui la fiera era aperta anche al pubblico privato. Appare paradossale che in un contesto in cui si stima siano passate quasi duecentomila persone, uno stand sia rimasto sempre completamente vuoto, eppure lo era e certamente non è colpa di chi faticosamente cercava di animarlo. Evidentemente mancava qualcosa: mancavano i privati, mancavano gli operatori di settore che nelle fiere dovrebbero tessere le trame di una fitta rete di relazioni finalizzate ad invitare i Tour Operator nello stand e convincerli a convogliare in Irpinia una quota dei loro clienti. Apprezzabile lo sforzo di creare uno stand vetrina per l’Irpinia ma i risultati sono decisamente pochi e probabilmente l’azione non produrrà l’arrivo di nessun turista in più nel prossimo anno. Non c’era nessuno in grado di dettagliare le singole offerte turistiche e nessuno in grado di argomentare sulle peculiarità e sulle attrattive dell’Irpinia. “Salve, se siete interessati ad una vacanza alternativa in Sicilia ci potete contattare vi porteremo in luoghi che non sono quelli classici” ci dice uno giovane siciliano dandoci la sua carta da visita mentre in metropolitana andiamo verso il centro di Milano. Lo stand della Regione Sicilia era tra i più all’avanguardia sia per lo stile, riconoscibile da lontano, che per le innovazioni. Fare turismo passa attraverso la volontà di giovani motivati che lo ritengano uno sbocco qualificante e redditizio per il loro futuro, finché mancheranno cittadini motivati gli stand saranno destinati ad essere sempre vuoti e non basteranno investimenti milionari in gestione dell’immagine. Ci voglio operatori privati. “L’anno scorso siamo venuti da visitatori, quest’anno da operatori – racconta Marisa Ignelzi in compagnia di Vincenzo Gambarota titolari dello Chalet dei viaggi, siamo nella stazione centrale di Milano e i due aspettano il treno per tornare a casa – siamo stati un giorno adesso ritorniamo a Casalbore dove abbiamo aperto una piccola agenzia di viaggio, siamo passati nello stand della Regione, volevamo fermarci ma temevamo di disturbare”. E la mente non può fare a meno di ritornare prepotentemente a quello stand freddo e vuoto. Possibile che i pochissimi e timidi operatori del settore disturbino?. E’ il caso di ripensare e rivedere l’approccio globale al sistema: sicuramente nessuno ha messo gli operatori nella condizione di sentirsi “disturbatori” ma certamente nessuno li ha contattati, coinvolti, invogliati, coccolati e incoraggiati. Occorre utilizzare metodi scientifici, e non lasciare che la partecipazione alle fiere sia regolata dall’improvvisazione che crea uno strano mix con l’approssimazione. La camera di commercio conosce chi siano gli operatori nel campo del turismo, è con loro che andrebbe avviato un discorso serio e proficuo, forse è in questo settore che va fatto orientamento (visto che rientra nelle attività delle Camere di Commercio) se ci sono studi di settore che lo ritengono uno degli sbocchi economici della nostra provincia, tutto il resto sono passerelle, occasioni di svago ma nient’altro. L’ultimo giorno in metropolitana c’era un gruppo di giovani artisti di strada che suonavano e distribuivano materiale pubblicitario. Forse la promozione passa anche attraverso modi ingegnosi che attirino operatori e pubblico negli stand, e l’Irpinia, anche in questo, ha le sue carte da giocare, c’è da metterci la mano sul fuoco.

Modificato da - angelo corvino il 27/02/2007 10:06:58


Scrivi Un Messaggio Privato 1953
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Italy
271 Messaggi post.
Posted - 27/02/2007 :  12:07:28  Visualizza il profilo  Rispondi con commento
Caro Angelo,alla tua corrispondenza sul BIT milanese non c'è nient'altro da aggiungere:l'hai meticolosamente e professionalemte descritta , arricchita con particolari degni solo di chi è del " mestiere ".
Il punto dolente della nostra cultura, o addirittura del nostro circondario irpino,lo si evince dall'atteggiamento di quei due giovani di Casolbore da te incontrati.."la paura di distrurbare quelli dello stand irpino " vuoto " presente al BIT. Come è possibile un atteggiamento del genere in un contesto come quello del BIT, dove si va per promuovere il proprio prodotto? Però è da dire che Casalbore c'era...Montecalvo? Eppure la nostra gente è preparata, quindi, come mai non è attenta a queste opportunità e marketing offerte dal Bit milanese?C'e qualche retropensiero che frena l'iniziativa imprenditoriale della nostra gente , dei nostri giovani irpini? I giovani della mia generazione tendevano alla " certezza del lavoro ", magari poco ma sicuro si diceva...il famoso posto sicuro.Oggi, penso , che le cose siano radicalmente cambiate da questo punto di vista,anzi ,forse le nuove generazione "snobbano" la filosofia del posto sicuro e, non a torto, viste le poche opportunita intellettuali e i pochi guadagni afferti dalla certezza del posto: quindi dove vanno ricercate le cause che inibiscono l'iniziativa imprenditoriale di una buana fetta dei giovani irpini? forse il tirare a campare tipicamente di piccoli centri del sud?forse vivere con la pensione dei genitori? forse credere che è lo stato che ci deve pensare ect.
saluti,

1953Vai in cima alla pagina


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Utente



103 Messaggi post.
Posted - 27/02/2007 :  23:54:14  Visualizza il profilo  Rispondi con commento
Caro 1953,
siamo di nuovo al punto dolente. Non c'è dubbio che ci siano limiti oggettivi legati alla sostanziale staticità culturale che determina un immobilismo in tutti i settori, o quanto meno in settori che potrebbero rivelarsi strategici. Ovviamente a questo concorrono in modo fattivo e determinante i fattori da te individuati. Io ne aggiungerei anche altri, perché è vero che spesso i giovani non hanno intraprendenza e vivono con le pensioni dei nonni o con gli stipendi dei genitori, ma è anche vero che credo sia per loro difficilissimo accedere al credito. Spesso le nuove generazioni non godono di molta fiducia da parte di quelle che detengono il potere economico, oppure semplicemente queste preferiscono "investire" in altri settori. Ed anche qui siamo ad un discorso antico nel quale va fatta un'analisi delle dinamiche del lavoro in Italia nel dopoguerra. E' evidente, quanto scontato, che il nord abbia subito un'accellerazione sul piano industriale, dovuta ad un vantaggio logistico ed infrastrutturale di partenza che lo collacavano nella posizione migliore per quel tipo di attività. Parallelamente le crescite dell'industrializzazione e del conseguente aumento della domanda di mano d'opera sono state fronteggiate favorendo lo spostamento di persone in età da lavoro dalle campagne del sud nelle aree industriali del nord. Intanto al sud il sistema pensionistico, per una popolazione sempre più anziana che restava legata alla civiltà ed alle abitudini contadine, ha fatto in modo che crescessero i depositi postali (allora in mano allo Stato). E' piuttosto evidente come il sistema di vita dei piccoli centri del sud, dove spesso le persone pensionate continuano a lavorere guadagnandosi da vivere e producendo derrate alimentari per i figli al nord, ha favorito il deposito postale di media e lunga scadenza (i famosi buoni postali). Quei fondi credo siano stati impiegati dallo Stato per le grandi infrastrutture di cui ha beneficiato principalmente il nord che necessitava di strade, porti, aereoporti, centri nodali e ferrovie per via delle esigenze industriali. Parallelamente il sud ha ceduto risorse umane sia in termini di mano d'opera che di quadri e dirigenti con il conseguente impoverimento culturale soficiato nella quasi stasi attuale. In questo contesto la predisposizione al deposito postale invece che all'investimento locale che avrebbe determinato maggiore economia, era anche giustificato dagli elevati tassi d'interesse e dalla necessità di avere forza lavoro al nord, sempre per via del vantaggio competitivo dato dalla posizioene logistica. Oggi, le condizioni sono leggermente cambiate, l'industrializzazione è al capolinea; nel senso che ha esaurito la sua spinta di crescita e, avendo saturato la domanda, tende ad una stabilizzazione se non retrocessione, nel medio e lungo periodo. Parallelamente sta esaurendo anche il suo peso politico, perché per fronteggiare la mano d'opera a basso costo asiatica, non le resta che l'introduzione massiccia di robotiche di produzione che abbassino sì in modo drastico i costi di produzione ma anche i livelli occupazionali nella produzione. Questo sposterà l'asse della politica, che in fin dei conti punta sempre alla captazione del consenso. Siccome le robotiche non votano e non hanno rappresentanze sindacali, azzarderei a dire che i grossi poli industriali perderanno velocemente potere per via del progressivo scarso interesse della politica. Ora andrebbe fatto un ragionamento sulle immobilizzazioni dei depositi postali e valutare se siano ancora davvero redditizie. Oppure non sia il caso di pensare ad investire sul territorio in settori decisamenti innovativi legati alle alte tecnologie, magari utilizzando nuove e giovani energie intellettuali pronte a spostarsi pur di fare il proprio lavoro ed anche invogliate da spese di partenza ridotte (mi riferisco all'acquisto di una casa ed altri costi decisamente più bassi rispetto alle aree metropolitane). In fondo il sud dovrebbe essere in grado di produrre brevetti tecnologici e su questo strutturare la società post-industriale o, se vuoi dell'informazione o come la si vuole chiamare.


Modificato da - angelo corvino il 28/02/2007 00:06:45

Modificato da - angelo corvino il 28/02/2007 21:38:58Vai in cima alla pagina


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Italy
213 Messaggi post.
Posted - 28/02/2007 :  08:41:57  Visualizza il profilo  Rispondi con commento
Aliis verbis: servono persone capaci, imprenditori sani e professionisti svegli incentivati ad investire il loro denaro in iniziative valide ed a rischiare i loro capitali piuttosto che a convogliarli nel risparmio (cfr: i famosi buoni postali). Concordo e penso anche che a Montecalvo ci siano. Manca solo il coordinamento, l'individuazione di un obiettivo di comune interesse (o comunque in grado di ottenere le opportune convergenze)e soprattutto la voglia di operare in un contesto che alla attualità è ben lungi dall'essere "incentivante". Saluto tutti.

Giuseppe Bellaroba.Vai in cima alla pagina

   
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